Quel tragico 10 settembre 1944

Il tenue gioco di luci e ombre di un tramonto settembrino stava avvolgendo Affori in un’atmosfera di tranquilla attesa dell’oscurità della notte.
Nella parrocchiale si avvertiva ancora quel tradizionale profumo di incenso e di ceri che tarda a svanire come il ricordo di sereni momenti di gioia di popolo. Si avvertiva ancora in dissolvenza l’eco del ripieno del nostro organo Amati che poche ore prima aveva dato vita e armonia ai cori di uno stuolo di ragazze e giovani che avevano solennizzato col canto di Compieta la cerimonia di inaugurazione del nuovo anno oratoriano. Altare parato a festa, lumi, fiori, vistosità di arredi e parati: una festa comunitaria di cuori e di spirito in quella sera di settembre!

Tra il nutrito gruppo di chierichetti io e, ricordo bene, il mio amico Giordano Cereda. Il prevosto don Luigi Tognola, durante la solenne cerimonia, aveva preso spunto per ricordare ai numerosi fedeli presenti che proprio in quel 10 settembre ricorreva il CENTENARIO di donazione della tavola della “Vergine delle rocce” avvenuta con testamento olografo del N.H. Luigi Taccioli, proprietario di Villa Litta.
Una giornata memorabile di gioia, e di dolore. Il buio ed il silenzio ora coprivano tutto e tutti.

Ma lei era in agguato: improvvisa, rapida, devastante la bufera scagliata dal cielo è passata due ore dopo lasciando Affori attonita e colpita a morte.
In pochi istanti l’intenso bagliore dei bengala ha reso Affori un facile bersaglio ai piloti e qualche minuto è bastato per sferrare l’attacco che, come un fulmineo fendente di sciabola, ha procurato rovine e vittime. via Zanoli, la Curt dei Restei, Villa Osculati, la parrocchiale, l’Oratorio S. Agnese. l’Asilo, le scuole elementari ed il Municipio di viale Affori, via Faccio, via Flavia 1: in un attimo un cumulo di macerie e vite spezzate all’improvviso.

Svanito il rombo degli aerei, il cielo ritornato nel buio della notte con qualche lampo di fuoco, tornato il silenzio. Ma solo per pochi minuti.
Un accorrere di persone, grida di aiuto e di sgomento, una cortina di polvere e cumuli di macerie. Le lancette dell’orologio in sacrestia si sono arrestate alle 22 e 37 segnando un punto di non ritorno nella storia afforese.

45 vittime e decine di feriti, un tragico bilancio, una ferita non ancora sanata nella mente e nel cuore degli afforesi che per decenni l’hanno commemorata. Tra le vittime 3 suore del nostro Asilo, due salvate in extremis da mio zio Pietro traendole dalle macerie di quello che era un fiorente luogo di gioia e spensieratezza di bimbi.

Con grande emozione qui ricordo il chierichetto Cereda Giordano, stroncato in via Franco Faccio mentre fuggiva in cerca di aiuto. Tanto caro il suo ricordo che il parroco don Tognola lo volle raffigurato tra gli angioletti, lassù nella cupola con Santa Giustina in gloria. Quel mattino Affori si è presentata con uno scenario di devastazione come oggi possiamo rivedere giornalmente dagli schermi televisivi dove ancora morte e odio regnano tra i popoli. La mitica Curt dei Restej completamente rasa al suolo : tra le vittime mio padre (e dovevo esserci anch’io). La parrocchiale duramente colpita, l’Asilo e l’Oratorio rasi al suolo: le immagini non rendono l’atmosfera di dolore che ha avvolto tutta Affori, unanime nel compartecipare alla comune disgrazia.

Ci domandiamo ancora oggi perché proprio Affori, un normale borgo di periferia, non certo uno strategico bersaglio militare. Ancora oggi non c’è risposta!
I giorni che seguirono quella indimenticabile notte rivelarono il vero animo del popolo Afforese: un‘encomiabile organizzazione di aiuti materiali e morali ha potuto alleviare in parte lo sconforto e la desolazione che furono il peso aggiunto alle perdite subite. Il Comune di Milano, le Associazioni assistenziali, gruppi di volontari, hanno predisposto mezzi, modi, luoghi di assistenza e di accoglienza.
Una scia di luce e speranza dopo la tempesta! Gli Afforesi si ritrovarono comunità nel reagire alla sventura e con quello spirito avviarono presto e con impegno uno sforzo per ricostruire, per rinascere, per vincere lo sconforto.

RICOSTRUIRE fu il motto che per alcuni anni diede vita ad una magnifica rinascita di Affori.

Siamo rimasti in pochi a testimoniare quel terribile evento, perciò è doveroso per noi ricordarlo agli Afforesi del duemila per non dimenticare quanto la guerra è comunque una sconfitta i cui effetti si diramano nel futuro per decenni.
Almeno nel nostro affettuoso ricordo quelle 45 vittime rivivono per invitarci alla Pace, alla concordia, alla fratellanza tra i popoli. Ciò che è mancato in quella tragica sera di settembre!

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