Ricordare e parlare di Maurizio Mangiagalli è anche parlare delle proprie esperienze personali, perché il rapporto con Maurizio è stato, per tanti, un incontro da non lasciare indifferenti. Una persona non si conosce dal suo curriculum o dai dati anagrafici ma dal vissuto che si è intrecciato.
Ho conosciuto Maurizio lentamente negli anni, nella seconda parte della sua vita quando era prima Maurizio e poi il professor Mangiagalli. Abitando nello stesso palazzo, ci si incrociava nel cortile o si rientrava insieme dalla messa o dall’incontro in parrocchia, a volte si mangiava insieme. Dunque prima Maurizio e poi il Professor Mangiagalli: prima Maurizio perché si presentava semplicemente ed umile, scherzoso e affabile, stralunato e bonario; ma poi il professore, perché quando la chiacchiera si approfondiva, il discorso si faceva spesso, emergeva la grande portata intellettuale, la passione lucida del pensiero, il lume della Fede. Un corpo ferito e una mente vigorosa.
La sofferenza di Maurizio è stata un’esperienza di apertura, di Fede, di vissuto di quanto già sapeva grazie ai suoi studi e al suo pensiero. La carità sperimentata con don Luciano, il coinvolgimento nel gruppo giovani con don Davide, la dimensione comunitaria della parrocchia, le antiche amicizie sono stati grandi tesori per lui e per tutti. Imbustava le lettere per la Festa d’Affori, pregava, portava l’Eucarestia agli ammalati, insegnava filosofia a Roma, scriveva libri e poi saliva in campeggio col gruppo giovani. In quegli anni proprio nel rapporto col gruppo giovani visse la leggerezza di non prendersi troppo sul serio, dello scherzo, della battuta, dell’ironia e dell’autoironia. Una leggerezza dello spirito che si univa al servizio e alla testimonianza. Quanto fu prezioso per noi poterlo ascoltare mentre, d’un tratto, dalla risata fragorosa passava allo sguardo assorto, come tirando fili dall’alto per annodare un discorso che pareva quasi stampato. Si percepiva la fatica del pensiero, la tenacia della ricerca, la Fede profonda che non lo accomodava ma lo smuoveva.
I suoi libri mi sono rimasti inaccessibili per lungo tempo, un po’ intimorito perché il pensiero non è uno scherzo e richiede le energie della mente e del cuore. Ripensando a Maurizio, alle discussioni anche accalorate – si faceva sfidare senza snobberia -, alla rilettura che lui faceva della sua esperienza alla luce della Fede, mi viene da pensare che è giunto il momento di aprire quei libri così pensati, così vissuti.
Giuseppe Tricerri
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