Nella scorsa Quaresima, per i cristiani impegnati nelle realtà socio-politiche, culturali ed educative, diversi sono stati gli incontri di spiritualità sul tema della Gentilezza partendo dalla enciclica “Fratelli tutti” e dal discorso alla città del nostro Arcivescovo Mario Delpini nella festa di Sant’Ambrogio «… con gentilezza- Virtù e stile per il bene comune». Il tempo quaresimale è un tempo “forte”, un punto di svolta chiamato a favorire in ciascuno di noi il cambiamento, la conversione, per essere autentici “artigiani del bene comune”.
Oggi si parla tanto di Gentilezza, si discute perché necessaria nel mondo educativo, professionale, dei social media, eppure la storia sembra consegnarci altro, pensiamo semplicemente a ciò che stiamo vivendo in questo tempo con il conflitto in Ucraina, ma anche ai tanti episodi di drammatiche violenze che si consumano continuamente nelle nostre città e nei nostri territori. Come poter essere gentili in questo tempo storico? Quale gentilezza siamo chiamati a favorire nei vari ambiti di vita: la famiglia, gli ambienti di lavoro e del commercio, la comunità politica?
La vera gentilezza non è il mero formalismo, ma è uno stile di vita, una condizione necessaria per il dialogo, capace di custodire e promuovere la dignità dell’altro; essa richiama l’uomo nella sua verità più intima.
Papa Francesco in Fratelli Tutti
“La gentilezza è una liberazione dalla crudeltà che a volte penetra le relazioni umane, dall’ansietà che non ci lascia pensare agli altri, dall’urgenza di- stratta che ignora che anche gli altri hanno diritto a essere felici. Oggi raramente si trovano tempo ed energie disponibili per soffermarsi a trattare bene gli altri, a dire “permesso”, “scusa”, “grazie”. Eppure ogni tanto si presenta il miracolo di una persona gentile, che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo, per rendere possibile uno spazio di ascolto in mezzo a tanta indifferenza. Questo sforzo, vissuto ogni giorno, è capace di creare quella convivenza sana che vince le incomprensioni e previene i conflitti” (FT 224). Nel tempo quaresimale siamo stati invitati ad entrare in questa gentilezza evangelica, che si dona fino alla fine, fino alla morte di croce per la salvezza di ogni uomo. Il Vangelo è ricco di gesti di gentilezza, soprattutto nel momento più doloroso di Gesù verso il Golgota. Tanti sono gli incontri che svelano la tenerezza che salva: la gentilezza della Maddalena, il sostegno di Simone di Cirene, di Maria che accompagna il figlio fino ai piedi della croce, di Nicodemo che si prende cura del corpo di Gesù per una degna sepoltura.
Gesù ci rivela l’Amore del Padre, la sua gentilezza nell’incontro con l’altro è via di salvezza; nella sua missione libera il popolo, annuncia la buona novella all’uomo ferito dal peccato, agli ultimi, ai poveri, libera gli indemoniati, guarisce gli ammalati, restituendo all’uomo la vera dignità di figlio. Il suo prendersi cura dell’uomo diventa la stessa missione dei suoi discepoli, diventa dono da condividere con i propri fratelli «così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli» (Mt 5,6). La gentilezza pone anzitutto come premessa l’ascolto vero dell’altro, del suo bisogno, della sua storia. Quando Gesù incontra Bartimeo, pone la domanda «Cosa vuoi che io faccia per te?» (Mt. 10,46-52). La gentilezza è entrare nel bisogno dell’altro avviando processi di guarigione e di giustizia. Il Vangelo di Giovanni ci racconta del centurione che schiaffeggia Gesù senza alcun vero motivo, lo colpisce violentemente e Gesù che risponde «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?» (Gv. 18,23). Anche in un momento di ingiustizia, Gesù sa essere gentile; rispetto al male subìto, preferisce vedere il bene che ha di fronte. La gentilezza non è debolezza, ma potenza che cambia la storia, ed è proprio in questo tempo che vogliamo impegnarci ad essere veri protagonisti di questa Rivoluzione della Tenerezza, perché educare alla gentilezza è educare alla speranza.
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